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Che la Storia sia proprio una gran bella cosa, penso che sia una considerazione che più volte è emersa dai nostri contributi su questo blog, penso ad esempio ai lavori di Quadro (La storia non è (ancora) finita, sull’irrinunciabilità di pensarci dentro la Storia e in un progresso continuo almeno ideale) e di robertoebrossi (Gli occhi della storia, sull’importanza della biografia e del ruolo dei personaggi storici) solo per citarne un paio. Non vorrei ripetere sentenze o frasi di circostanza che magari avete già sentito e letto mille volte, ma qualcuna mi sa che sarò proprio costretto ad usarla (come ad esempio nella frase che segue). É importante e sarebbe doveroso sapere a menadito la Storia, perché “gli uomini sono più figli del loro tempo che di loro padre”, utilizzando un bellissimo proverbio che Marc Bloch cita nelle prime pagine del suo saggio “Apologia della storia o Mestiere di storico”, un testo chiave per capire molto su cosa sia la Storia e sul come e perché andrebbe studiata. Proprio questo è uno dei libri che mi sono trovato a preparare per un esame e che mi ha dato molti spunti su cui riflettere. Sul lavoro di Bloch si potrebbero davvero scrivere fiumi di pagine (cosa che gente molto più esperta di me ha sicuramente fatto), io però vorrei riflettere su un solo punto su cui vertono le considerazioni del grande storico.

Il titolo dell’articolo, che sembra richiamare un paragrafo di un testo kantiano, vorrebbe insistere su cosa la Storia non dovrebbe essere. La Storia non può risolversi in una semplice collezione di dati, nozioni e fatti che potremmo collocare a memoria su una linea del tempo da completare. La Storia non può essere e non deve trasformarsi in un “nozionismo della ragione”, volto solo a ricordare qualche data o avvenimento per un breve periodo di tempo (magari per un interrogazione o un esame) in vista di una rapida sparizione dalle nostre menti di elementi a tutti gli effetti inutili. Questa considerazione può sembrare davvero ovvia e banale, e se lo è ciò vuol dire che noi alla Storia chiediamo un qualcosa in più. Il problema è che il modo in cui la Storia ci viene insegnata (somministrata) nelle nostre scuole, a me sembra sfiorare questo paradigma di pensiero.

D’altra parte questo è un ottimo compromesso, si obbietterà. Di fronte ad una classe di studenti che non possono tutti essere interessati alla materia, si cerca un metodo che generalmente possa essere soddisfacente per dare loro una conoscenza generale. L’adozione di un manuale, che tratta a grandi linee i momenti salienti della Storia, si può considerare una buona scelta. Quest’argomentazione può forse andare bene per una scuola superiore (credo che Bloch non sarebbe d’accordo), ma penso che a livello universitario bisognerebbe richiedere altro. Una delle parti del testo di Bloch, che purtroppo resta incompiuto, doveva essere dedicata all’insegnamento della Storia nelle scuole. Non sappiamo ovviamente che cosa lui avrebbe voluto scrivere, ma si può pensare che avrebbe polemizzato contro il “triste manuale”, come lui stesso lo definisce.

I manuali sono forse la miglior rappresentazione del “nozionismo della ragione”, soprattutto quelli fatti male. Con male intendo quelli in cui ci viene raccontata una bella storia (si noti la mancanza della S maiuscola, grazie) di personaggi, azioni, battaglie, guerre, trattati, tutti correlati alle tanto odiose daterelle da imparare. Che senso può avere studiare (praticamente a memoria) un testo del genere anche per la preparazione di un esame universitario? Cosa può lasciare uno studio di questo tipo? Io credo davvero poco, se non magari un bel voto nel nostro curriculum di studi, ma non molto di più. La storia come “database di date ed eventi” è davvero triste, perché rischia di dimenticarsi proprio il personaggio principale di cui doveva parlarci: l’uomo.

La Storia è “scienza degli uomini nel tempo” come ricorda Bloch. Nella sua idea di Storia come scienza non c’è spazio per il “nozionismo della ragione”, se non in un secondo momento. Per prima cosa bisogna interrogarsi sull’uomo, sul perché delle sue azioni e su cosa esse possono insegnarci ancora oggi. Usando un’altra formula, la Storia deve ricostruire il passato per capire il presente e magari prevedere il futuro, non con un qualche rito magico, ma con uno studio rigoroso ed esatto. Se ci venisse insegnata quest’idea di Storia, non cambierebbe forse anche il nostro modo di vivere il presente?

2 thoughts on “Nozionismo della ragione

  1. Lo spunto è ovviamente sacrosanto, però mi permetterei di obiettare dicendo che il “senso dell Storia” si innesta sui fatti e i fatti vanno organizzati in termini geografici, cronologici, etc. Da qui date e tutto il resto negli esami istituzionali, che non esauriscono certamente la materia storica, ma ne sono il pilastro fondante. Il testo di Le Goff di cui si parlava nell’articolo da te citato (il “San Luigi”), parte infatti con un dettagliatissimo resoconto della vita del personaggio (dati, nomi, etc) e, sopra di ciò, può allora costruire una critica alle fonti e scegliere dunque con quali strumenti e con quale logica ricostruire l’uomo “Luigi IX di Francia”. La storia “neopositivistica” è comunque fondamentale per capire di cosa si stia parlando. Il problema dei manuali spesso è un altro: che si dimenticano che la storia la stanno RACCONTANDO. Raccontando senza saper di raccontare, dunque, riducono il racconto all’accozzaglia di dati legati tra loro solo dall’attenta analisi e approfondimento laterale del povero studente (che faticaccia!). A volte mi verrebbe da consigliare di far fare agli autori dei corsi di narratologia o simili, cosicché, se mettono un’informazione, questa mostri delle conseguenze nel resto del manuale, o quasi. Guadagnerebbero almeno in chiarezza. Spesso secondo me il problema di questi testi è non individuare o evidenziare questi nessi, così da farli sembrare un elenco di dati peggio che nozionistici: inutili. E qui torniamo perfettamente d’accordo, mi sembra 🙂

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